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Si chiama “Monitoraggio longitudinale per il più precoce e miglior management del mesotelioma pleurico - LIFEBELT (Longitudinal monItoring For the Earliest and BEst management for pLeural mesoThelioma - LIFEBELT)” ed è uno dei 7 progetti finanziati a team di ricerca dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Ferrara attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) nell’ambito della ricerca biomedica. Il tutto per un importo complessivo di 6 milioni e 200 mila euro.
Proseguiamo con le altre ricerche dopo aver trattato i progetti del prof. Zamboni e della prof.ssa Zatelli.
Questo studio, il cui “Principal Investigator” (PI) è la prof.ssa. Luana Calabrò (nella foto), Direttrice facente funzioni Unità Operativa di Oncologia Clinica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, è finanziato con 1 milione di euro.
Nello studio realizzato si prende in esame il mesotelioma pleurico, malattia associata all’esposizione all’amianto. Nello specifico “LIFEBELT” si pone tre obiettivi principali:
- identificare quali soggetti ex-esposti ad amianto svilupperanno questa patologia;
- diagnosticare la malattia tumorale precocemente prima dell’insorgenza dei sintomi per poter beneficiare di maggiori opzioni terapeutiche;
- personalizzare le cure ai pazienti che ne sono già affetti sulla base delle caratteristiche biologiche della malattia
Il progetto è disegnato da un consorzio costituito dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara (Centro coordinatore), dall’IRCCS-Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori Dino Amadori (IRST) di Meldola, dall’Università degli Studi di Sassari e dall’IRCCS Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari. Il consorzio si avvarrà anche di collaboratori esterni afferenti all’IRCCS di Reggio-Emilia (dott. Carmine Pinto) e dell’Università di Torino (prof. Giuseppe Matullo).
“Questo Consorzio - dichiara la prof.ssa Calabrò - è stato accuratamente assemblato scegliendo figure professionali con competenze tecnico-scientifiche altamente specializzate e complementari nella ricerca clinica, preclinica e traslazionale del mesotelioma pleurico. Infatti le diverse competenze tra i gruppi del consorzio saranno strategicamente utilizzate al fine di raggiungere, in modo ottimale, gli obbiettivi globali del progetto”.
LA PATOLOGIA. Il mesotelioma pleurico è una malattia tumorale, relativamente rara in termini di incidenza ma molto aggressiva, che ha origine dalla pleura, la cui causa è principalmente associata all’esposizione all’amianto (asbesto), un materiale ampiamente utilizzato nei decenni scorsi e poi vietato dal 1992 per la chiara e dimostrata cancerogenicità. Infatti le fibre di asbesto inalate, attraverso l’albero bronchiale, possono depositarsi negli alveoli ove inducono un processo infiammatorio cronico e possono essere responsabili dello sviluppo del mesotelioma o di malattie infiammatorie croniche polmonari come l’asbestosi.
Nonostante i miglioramenti ottenuti in ambito diagnostico-terapeutico nell’ultimo decennio, la prognosi rimane infausta. Infatti, sebbene oggi siano disponibili strategie terapeutiche più efficaci basate principalmente su approcci immunoterapici, come anticorpi monoclonali diretti contro inibitori di checkpoint immunologici, cioè proteine che regolano l’attivazione del sistema immunitario, non tutti i pazienti traggono significativo beneficio da questo tipo di terapia in termini di prolungamento della sopravvivenza globale, e la sopravvivenza a 5 anni è inferiore al 10%.
Un altro fattore che contribuisce alla prognosi severa del mesotelioma pleurico è la diagnosi quasi sempre tardiva della malattia.
“Una diagnosi precoce – commenta la prof.ssa Calabrò - avrebbe il potenziale di ridurre la mortalità, da un lato aumentando la possibilità di approcci chirurgici con intento radicale anche in combinazione con la terapia medica, dall’altro migliorando l’efficacia dell’immunoterapia quando utilizzata in fase più precoci di malattia”.
In Italia esistono programmi di sorveglianza sanitaria per le categorie professionali che in passato sono state esposte ad asbesto, tuttavia ad oggi non esistono test di screening specifici e sufficientemente sensibili a diagnosticare precocemente la malattia in un soggetto asintomatico. “LIFEBELT – prosegue la professionista - che in inglese sta per “cintura di sicurezza”, vuole porre le basi per “proteggere” gli individui precedentemente esposti ad amianto tramite l’identificazione di biomarcatori diagnostici in grado di intercettare precocemente l’insorgenza del mesotelioma pleurico e identificare marcatori predittivi di risposta al trattamento sulla base delle caratteristiche molecolari della malattia tumorale, così da “guidare” opportunamente la scelta terapeutica nei pazienti che ne sono affetti”.
IL PROGETTO LIFEBELT. La realizzabilità di questo progetto farà leva sulla forte competenza clinica dei centri che compongono il consorzio e della loro disponibilità di una grande casistica retrospettiva di campioni tissutali ed ematici. Questi provongono da pazienti con mesotelioma pleurico alla diagnosi o già trattati con diversi agenti terapeutici, quali chemioterapia, o immunoterapia, o che saranno prospetticamente arruolati. Il progetto si avvarrà anche della disponibilità di campioni ematici di soggetti ex esposti raccolti dai centri partecipanti al progetto e da collaboratori esterni, grazie anche ad una stretta collaborazione con la medicina del lavoro.
“Il monitoraggio ambientale - dichiara la dott.ssa Anna Maria Catino, Unità Operativa di Oncologia Toracica dell’IRCCS di Bari - unitamente a quello della medicina del lavoro per i lavoratori a maggior rischio di esposizione all’asbesto giocano un ruolo fondamentale per poter monitorare con maggior frequenza chi magari è professionalmente esposto ma ignaro dei rischi. LIFEBELT consentirà di avere in prospettiva una prevenzione ancora migliore per questo tipo di patologia”.
La forza del progetto risiede anche nella collaborazione tra realtà cliniche e laboratoristiche per portare ai pazienti le più innovative conoscenze che la ricerca ha sviluppato.
“La disponibilità - dichiara il prof. Giuseppe Palmieri, Direttore Unità di Immuno-Oncologia e Bioterapie Oncologiche Mirate dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari - di un numero relativamente alto, tenuto conto dell’incidenza complessiva della patologia, di campioni tissutali dei pazienti permetterà di studiare, mediante analisi sofisticate, le caratteristiche molecolari del mesotelioma e le loro correlazioni con l’andamento della malattia. Questo in modo da identificare dei biomarcatori predittivi di risposta ai diversi tipi di trattamenti, consentendo di selezionare meglio i pazienti evitando loro terapie inefficaci e gravate da effetti collaterali”.
L’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori “Dino Amadori” - (IRST) di Meldola si occuperà invece di effettuare analisi sui campioni di plasma ottenuti dai pazienti affetti da mesotelioma pleurico e raccolti dalle varie Unità Operative partecipanti al progetto. In particolare, le analisi saranno svolte presso la piattaforma di Terapia Adottiva CAR T dell’IRST coordinata dal dott. Massimiliano Mazza, mentre la supervisione delle analisi sarà affidata al dott. Fabio Nicolini.
“Useremo una potente e innovativa tecnologia, chiamata OLINK Explore - dichiara il dott. Nicolini - che consente di rilevare anche minime variazioni di oltre 5000 proteine utilizzando pochi microlitri di campione. L’identificazione di particolari combinazioni di proteine alterate faciliterà la costruzione di test di screening per la diagnosi precoce sulla popolazione mutuando le tecnologie già utilizzate, ad esempio, per i test COVID. Tali marcatori potrebbero poi trovare utilizzo anche nel monitoraggio della malattia durante i diversi trattamenti”.
Un ulteriore aspetto molto rilevante del progetto sarà rappresentato dalla possibilità di identificare e validare in biopsia liquida, cioè su sangue periferico dei pazienti, i biomarcatori eventualmente identificati a livello tissutale.
“Il coinvolgimento del Servizio da me diretto - dichiara il prof. Massimo Negrini, Direttore del Centro di Biologia Molecolare dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - si propone di applicare le tecnologie più innovative e sensibili per ricercare biomarcatori basati su DNA ed RNA delle cellule tumorali. Saranno svolte, in altri termini, analisi di “biopsia liquida”, ovvero dal plasma degli individui, consentendo un monitoraggio longitudinale dei soggetti ex-esposti ad asbesto, potendo quindi aiutare a svelare precocemente la comparsa di biomarcatori associati all'eventuale insorgenza di mesotelioma in soggetti a rischio in quanto ex-esposti ad amianto. Lo stesso approccio sarà applicato alla valutazione precoce della risposta alle terapie in pazienti che hanno già sviluppato la malattia per identificarne precocemente la progressione”.
“I risultati del progetto - dichiara il prof. Massimo Guidoboni, Dirigente Medico dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara - contribuiranno a migliorare le conoscenze biologiche sul mesotelioma pleurico e sui meccanismi di progressione tumorale, fornendo anche le basi scientifiche per lo sviluppo di strategie terapeutiche sempre più personalizzate sulla base delle caratteristiche biologiche della malattia tumorale”.
“Siamo orgogliosi - conclude la prof.ssa Calabrò - di poter sviluppare questo progetto altamente innovativo e ambizioso per l’impatto e le ricadute che i risultati generati avranno nella pratica clinica per i pazienti affetti o a rischio di sviluppare questa terribile malattia tumorale”.
Nella foto in basso, da sinistra: Massimo Guidoboni, Luana Calabrò, Massimo Negrini