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Il 6 febbraio è la Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), espressione con cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) fa riferimento a “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non mediche”. Si stima che siano almeno 200 milioni le ragazze e le donne che vivono con mutilazioni genitali, di cui 44 milioni hanno meno di 15 anni; 3 milioni sono invece le ragazze con meno di 15 anni di età che rischiano di subirle.


“Al Servizio Salute Donna dell’Azienda USL di Ferrara – sottolinea il dott. Demetrio Costantino, Responsabile del Servizio - abbiamo incontrato tante donne negli anni vittime di MGF, nella stragrande maggioranza immigrate originarie della Nigeria, in misura minore della Somalia e dell’Egitto; alcune nemmeno consapevoli di averla subita, poiché neonate o bambine molto piccole quando accadde, e che quindi non lo ricordano; chi invece è stata sottoposta a questa pratica da adolescente compensa il trauma con la grande festa che viene organizzata subito dopo, per ricevere regali e celebrare l’entrata in comunità.

Queste ragazze e queste donne si rivolgono sostanzialmente a noi per disturbi o problemi medici; cercano assistenza per la loro gravidanza, per la contraccezione, spesso inconsapevoli di ciò che hanno subito perché per loro i sintomi di MGF sono diventati “normali”. Nell’individuare il loro problema è fondamentale la preparazione del personale medico e delle ostetriche presenti negli ambulatori, che hanno il dovere di conoscere le MGF, nei loro diversi tipi e di saper affrontarne le conseguenze. E’ necessario avere servizi adeguati alle caratteristiche culturali della popolazione: ad esempio ambulatori e percorsi specifici per le donne immigrate, coadiuvati dalle mediatrici interculturali, capaci di agganciare le pazienti e coinvolgerle in attività informative e di sensibilizzazione contro questa pratica. Ma anche nell’accompagnamento a far emergere il vissuto ed affrontare il tema nel modo più adatto. Tutto questo senza stigmatizzazioni o criminalizzazioni di una pratica che per queste persone fa parte della loro tradizione, ma con l’obiettivo di far emergere che ogni bambina e ogni donna è portatrice di un diritto alla salute che le MGF comunque ledono. Un momento molto importante di questo ruolo di individuazione delle MGF, comprensione ed ascolto sono sicuramente anche i Corsi di accompagnamento alla nascita “a colori” rivolti proprio alla popolazione delle donne immigrate, provenienti dalle più diverse etnie, che stiamo promuovendo nel nostro Servizio”.

“Sotto il punto di vista di noi operatori – conclude il dott. Costantino - è sicuramente doveroso e necessario conoscere e seguire iniziative, corsi e linee guida che ci spieghino nel miglior modo possibile come muoverci, come accogliere queste donne e anche solo banalmente come procedere ad una visita ginecologica, a quali complicazioni ci possiamo trovare davanti e come affrontare questa problematica nel modo più scientifico ed umano possibile, ponendoci in ascolto dei bisogni delle donne. E per evitare che ogni donna che ha subito una mutilazione genitale possa continuare tale pratica sulle proprie figlie, spezzando questo circolo di violenza sul genere femminile. Dobbiamo rafforzare sempre più le azioni per porre fine a questa pratica dannosa”.


“Sebbene sia diffusa principalmente in Africa e in alcuni paesi del Medio Oriente e dell'Asia – mette in evidenza il prof. Pantaleo Greco, Direttore dell’Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - questa pratica non risparmia alcuna area geografica a seguito dell’aumento del fenomeno di migrazione. Per fortuna nel nostro Servizio non abbiamo riscontrato casi di mutilazioni, ma non dobbiamo abbassare la guardia su questa problematica. Infatti in Italia si stima che siano a rischio tra il 15% ed il 24% delle bambine e delle ragazze tra 0 e 18 anni appartenenti a famiglie provenienti da paesi in cui questa pratica è presente”.

“La comunità globale – conclude Greco - ha fissato l’obiettivo di abbandonare la pratica della mutilazione genitale femminile entro il 2030, nell'ambito degli “Obiettivi di sviluppo sostenibile”. È riconosciuto dall'OMS il ruolo chiave del personale sanitario nel sostenere e migliorare la salute e il benessere delle ragazze e delle donne che vivono ad oggi con le MGF e nell’attuare misure preventive volte a cambiare l’atteggiamento nei confronti di tale pratica tra le pazienti appartenenti alle comunità in cui le MGF sono ancora diffuse”.


Le MGF costituiscono un atto estremamente traumatico che causa rischi immediati per la salute e complicazioni a lungo termine - in grado di impattare non solo sulla salute fisica ma anche su quella sessuale e psichica delle bambine e delle ragazze - come ad esempio problemi urinari e vaginali ricorrenti, infezioni, problemi mestruali, formazione di cicatrici e cheloidi, disfunzioni sessuali, aumentato rischio di complicanze durante il parto, sindrome depressiva e disturbo da stress post-traumatico.

Per questi motivi, anche a fronte della crescente sensibilizzazione, la pratica è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani alla salute, alla sicurezza e all’integrità fisica delle ragazze e delle donne e come una forma estrema di discriminazione di genere. L’Italia, con la Legge n.7/2006, vieta l’esecuzione di tutte le forme di MGF e qualsiasi altra pratica che causi lesioni agli organi genitali femminili, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente. La Legge impone anche una serie di misure preventive, servizi di sostegno per le vittime di MGF e iniziative di informazione e formazione.


MGF IN ITALIA. Secondo le stime disponibili nel 2019, le donne portatrici di MGF erano 87.600, di cui 7.600 minorenni, mentre le bambine a rischio erano circa 5.000, provenienti prevalentemente da Egitto e Nigeria. Tuttavia questi numeri sono riduttivi. La pratica delle MGF è diffusa in modo disomogeneo nel continente europeo a seconda delle varie etnie che abitano le zone urbane.


MGF NEL MONDO. I dati Unicef mettono in evidenza che nel mondo il numero di donne che convivono con una mutilazione genitale è di diversi milioni, circa 230. Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 29 paesi Africani, mentre una quota decisamente minore vive in paesi a predominanza islamica dell'Asia. Si registrano casi di MGF anche in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall'Africa e dall'Asia sud-occidentale: si tratta di episodi che avvengono nella più totale illegalità e che quindi sono difficili da censire statisticamente; sebbene illegale nell’Unione Europea, circa 600000 donne che vi vivono sono state vittime di questa pratica e circa altre 180.000 sarebbero a rischio in 13 Paesi comunitari, Italia compresa.

I dati Unicef rilasciati in occasione della Giornata Internazionale della Donna nel 2024, pur mostrando una diminuzione negli ultimi tre decenni della pratica a livello globale (un terzo in meno rispetto a 30 anni fa) mostrano che il ritmo dei progressi per porre fine alle MGF rimane lento, in ritardo rispetto alla crescita della popolazione, soprattutto nei luoghi in cui le MGF sono più diffuse.

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Ultimo aggiornamento

04-02-2025 10:02

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